Parliamo di... "Storie naturali" (Recensione)
- Lo Scisma
- 13 ago
- Tempo di lettura: 2 min

Primo Levi; Einaudi, 2023
«Il Mimete non imita, riproduce. E se potesse duplicare anche l’anima?»
In Storie naturali, pubblicato nel 1966 sotto lo pseudonimo di Damiano Malabaila, Primo Levi abbandona l’autobiografia del testimone per indossare il camice dello scienziato-scrittore, e ci consegna una raccolta di 15 racconti che, tra invenzione e ipotesi scientifica, giocano con il nostro immaginario e le nostre paure.
Nonostante le apparenze, non è solo fantascienza. Levi usa l’invenzione scientifica come lente per osservare l’essere umano e le sue contraddizioni: i racconti parlano di macchine curiose e ingegnose, spesso ironiche, ma non per questo innocue. C’è il Versificatore, una specie di poeta automatico che anticipa le intelligenze artificiali di oggi, e il Torec, un casco che permette di rivivere in prima persona le esperienze altrui, come in una realtà virtuale potenziata. Poi ci sono cloni perfetti, strumenti che misurano la bellezza, e persino galline usate per la censura. Tutto sembra assurdo, ma sempre in bilico tra il comico e l’inquietante. Levi gioca con l’immaginazione, ma parla del presente: delle responsabilità, dei limiti e dei rischi nascosti dietro ogni progresso.
Personaggio ricorrente in molti racconti è il signor Simpson, venditore elegante, serafico, con un invisibile ghigno che propone strumenti impensabili in un mondo dove l’etica si sfalda alla prima promozione aziendale. È un demiurgo ironico e talvolta tragico, ma non è il solo a popolare questo zoo letterario: troviamo centauri malinconici, vermi filosofi, e persone chiamate a scegliere tra dolore e piacere, libero arbitrio e dipendenza.
Questi racconti si prendono gioco della scienza e della razionalità senza mai rinnegare la passione per entrambe. Levi sa di camminare su un bordo sottile: quello fra scoperta e catastrofe, tra esperimento e incubo. Per ogni idea geniale, c’è una conseguenza imprevedibile. L’ibrido, tra umano e animale, tra memoria e macchina, diventa la figura chiave del libro: simbolo della nostra modernità sfuggente, frammentata, contaminata.
Storie naturali è un libro che si legge con piacere, ma non senza disagio. Perché la scrittura è brillante, leggera, ma le domande che pone restano lì a lungo, dopo che l’ultima pagina è stata voltata.
Consigliato a… a chi cerca il brivido del possibile, e a chi crede che la scienza sia anche una questione etica e letteraria. Per chi ha letto Se questo è un uomo e vuole conoscere l’altra metà di Levi: quella visionaria, febbrile e ironica che, tra il riso e l’orrore, continua a tenerci svegli.
«Tutti questi oggetti hanno nome, sente? Senza nome non sarebbero nulla. È il nome che li fa veri.»
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