V. Parrella; Minimum Fax, 2021
«“L’archeologa”. Ho detto per anni che dopo il liceo avrei fatto l’archeologa: mi sembrava una buona mediazione tra tutto quello che gli altri aspettavano da me. Ma non era vero: io volevo fare la commessa come la mamma di Katia. La commessa alla Upim, part-time. Tutta la vita» (p. 11)
La raccolta di esordio di Valeria Parrella (ripubblicata proprio l’anno scorso) è una perfetta giostra metropolitana, una veloce raffica di incontri, scontri, desideri e illusioni. I sei racconti sono tutti ambientati a Napoli, luogo noto e statico che però subisce una metamorfosi: non siamo più davanti all’antica città scrostata dal salmastro, abitata da malintenzionati; o peggio ancora alla città costiera illuminata e festaiola. La Napoli che trasuda da questo libro è un mondo che si agita in cerca di uscita, che cerca di svincolarsi dalla propria decadenza, dalla propria provincialità.
Così la protagonista di Quello che non ricordo più, nata in una famiglia intellettuale e progressista, ha un’ammirazione segreta per la mamma dell’amica Katia, una donna semplice e proletaria, di cui vuole imitare lo stile di vita. La protagonista ricerca delle radici irrazionaliste, e le trova in maghe, fattucchiere, bidelle, vicine; e sembra che la scienza, lo stile di vita “volterriano” dei genitori sia un’illusione, mentre la superstizione è così piena di risposte e di promesse efficaci.
Oppure la Guappettella, la protagonista di Dritto dritto negli occhi, la quale riesce a trovare il proprio prestigio femminile dopo essere diventata una “Signora”, ovvero l’amante dello Stuort’, un camorrista. Questa fragile ascesa sociale le serve per realizzare il suo sogno, aprire il proprio negozio, la propria boutique di franchising.
Un altro tentativo di rivalsa è alla base anche del racconto Asteco e cielo, dove una procedura concorsuale è vissuta come una roulette per raggiungere una terra promessa (il titolo della raccolta fa proprio riferimento ad un quesito del concorso), una vita semplice e priva di tensioni, che sembra però nascosta nei labirinti della burocrazia insensata e sconsolante.
La raccolta si chiude con Il passaggio, la storia di due donne che insieme cercano di realizzare un sogno di rinascita, che è al tempo stesso rinascita personale, rinascita di un quartiere, di una città, di una generazione. Il nuovo inizio passa attraverso l’autosufficienza, la scoperta dei propri limiti e dei propri sconfinati orizzonti affettivi e psicologici.
Consigliato a… chi ama lo stile piano e graffiante, l’ironia sagace e spietata, i personaggi sopraffatti dalla quotidianità e tuttavia indelebili, grazie al loro essere determinati e volenterosi; le ambientazioni metropolitane e provinciali, colorate di folklore.
«L’aria è bella, presaga di estate, e profuma di gerani, ma nel quartiere sono sospettosi: c’è un uomo, che dal palazzo di fronte mi sta guardando. Comincio a lavare i vetri, mi tolgo le scarpe e salgo sulla soglia di pietra che a quest’ora è ancora calda, pulisco le lastre e lascio scorrere giù l’acqua in quantità, sbircio, e l’uomo è ancora là a guardarmi. […] la mia voce viene sommersa da un urlo del piano sottostante: “Eeeee che maronna!! Ccà stà scennenno acqua a lavarun’, accumminciamm’ bbuono, accumminciamm’. A chest’ora ‘e notte…”» (pp. 82-83).
Nota: le pagine indicate per gli estratti fanno riferimento all'edizione del 2003.
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