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Parliamo di... "La pelle dell'orso" (Recensione)

Aggiornamento: 18 apr

Joy Sorman; AlterEgo, 2022


«Una pazza e insieme una strega che era andata a letto con un orso, una creatura del diavolo incatenata ai suoi più vili istinti, una sfrenata sessuale che copulava con le bestie e traviava il cammino del mondo. Una squilibrata, così la guardavano tutti gli abitanti del villaggio che l’avrebbero lapidata eccome, se il parroco non l’avesse trascinata fino alla piazza centrale per eseguire un esorcismo pubblico; calpestandola, farfugliava formule segrete, la frustava con aghi di pino e aghifoglio, bruciava il suo sesso sul tizzone, e Suzanne, di nuovo inerte, giaceva senza una parola, senza un gesto, mentre il bimbo-orso si copriva gli occhi e l’eccitazione della folla cresceva» (p. 16).


L’uomo è un animale, non c’è dubbio. Eppure, gli animali non sono tutti uguali. Esistono – lo sappiamo bene – dei dominati e dei dominanti. Le relazioni sugli esseri viventi si basano sulla violenza, la prevaricazione, il sopruso.

La Pelle dell’orso di Joy Sorman si apre così, con una guerra mitologica fra gli uomini delle montagne e gli orsi. In questa lotta ancestrale, una donna si accoppia con un orso. Da questa unione nasce l’ibrido, il protagonista, che dopo l’uccisione dei genitori vive un’esistenza fatta di continui spostamenti: prima il combattimento, poi il circo e infine lo zoo.

Il racconto è quindi una storia di prigionia, di rifiuto ed emarginazione. Il protagonista è una creatura dotata non solo di sentimenti, ma anche di una complessa capacità raziocinante, tanto che spesso sembra diventare un filosofo. Egli interpreta la realtà intorno a lui con disincanto e disillusione, abbandonandosi senza rimostranze al ruolo che la società gli ha conferito. Si sentirà accolto solo intorno ai suoi colleghi del circo: i freaks, i fenomeni da baraccone, i giocolieri, i clown, i giganti e i nani. E in questo contesto stringerà un legame particolare con le donne, le uniche, a detta dell’orso-filosofo, in grado di tessere un contatto fra natura e umanità.

Nel corso della sua vita, l’orso conosce, impara, interpreta e commenta il mondo intorno a lui. Nonostante queste sue capacità – che poi sono la conseguenza della sua “maledizione” – egli non sarà in grado di invertire la rotta della propria esistenza, né vorrà farlo: proprio perché anestetizzato dai suoi simili, gli esseri umani, coloro che, per farlo sentire parte, lo escludono.


Consigliato a… chi ama i classici esercizi di inversione dei ruoli; chi vuole sentire una scrittura d’impatto e al tempo stesso scorrevole; chi vuole conoscere un’autrice premiata e promettente.


«Comprendo in fretta che il successo di un animale, il suo valore di esibizione variano a seconda del suo tasso di attività, della sua mostruosità o del suo essere buffo. Non è né la rarità, né la bellezza, nemmeno il prezzo di un animale a mobilitare le folle – non c’è nessuno davanti al rinoceronte che è costato una fortuna, ma si noti l’affluenza davanti a un macaco a buon mercato. Piacciono le bestie minacciose, come al circo. E se non è la loro ferocia, è allora la loro bizzarria, il loro senso dello spettacolo e dell’intrattenimento» (p. 113).


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