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Parliamo di... "L'anno del fuoco segreto. Il novo sconcertante italico" (Recensione)

Aggiornamento: 22 set 2023

Autori vari, a cura di E. Rialti e D. Valentini; Bompiani, 2023


«Tra le fiamme verdi vedo una creatura. Ha la chioma d’oro rosso e un mantello che le cade su una spalla. Un arazzo ocra e arancione che si allunga a coprirle il braccio sinistro, quello più lungo. Gli occhi sono sogni d’ambra, l’aria che ha intorno sembra brillare e ripiegarsi piano come velluto sull’acqua. Ha lo stesso odore che hanno i cuccioli, misto a quello della buccia d’uva» (Il drago delle rose, D. Valentini, p. 34).

Riassumere la raccolta “L’anno del fuoco segreto” è arduo. Gli stessi curatori nella prefazione mettono le mani avanti dicendo che il weird è un genere dibattuto, ma che indubbiamente si basa sulla contaminazione di generi diversi. Questo concetto dello sconfinamento può mettere d’accordo più o meno tutti, ma sicuramente non è una limitazione efficace. Come è evidente dalla lettura, lə autorə che hanno partecipato alla raccolta hanno dato interpretazioni diverse a questa forma di speculazione narrativa: c’è chi si è lanciato in operazioni vertiginose (Zandomeneghi, Valentini, Rialti), chi ha dato un taglio sovrannaturale (Di Grado, Mirabelli), chi invece ha condotto narrazioni più tradizionali (Santoni, Ricci, Lipperini) e chi ha esplorato le diverse contaminazioni fra i generi (Kulesko, Funetta).

Si tratta di autorə che hanno storie narrative diverse, per età, formazione e presenza sulla scena letteraria. A mio avviso, da questa raccolta si capisce che non c’è univocità, che non esiste ancora un weird italiano, ma sicuramente è chiaro che diverse generazioni di scrittorə italianə hanno recepito le novità e hanno colto le potenzialità che un genere speculativo come il weird può dare alla prospettiva post-storica in cui ci troviamo a vivere.

«Sono stato un buon dio, mi dicono. È strano fare qualcosa, e non sapere come. Faccio piovere, sostengo il sole, massaggio le giunture legnose di Omeciuathl, eppure non so ancora come. È legge comune, mi dicono i preti, per bestie uomini e dei. Nessuno controllava davvero il respiro, o il fluire del sangue, combustioni interne e il sudore sotto le ascelle» (Iniziativa di ordine superiore, E. Rialti, p. 61).

In generale, ciò che unifica la raccolta è il forte utilizzo di allegorie e slittamenti narrativi. È facile perdersi in allucinazioni e visioni, cambiare punto di vista e immergersi in lunghe descrizioni sinestetiche. Ecco, nell’utilizzo di queste tecniche – che hanno lo scopo, secondo me, di restituire alla narrativa la sua potenza immaginifica, allontanandosi dai canoni contemporanei del realismo, basati sull’autenticità del punto di vista e della vita vissuta – si rintraccia un’unione di intenti. Ma è ovvio che, per le premesse che ho fatto prima, anche l’efficacia allegorica è sfruttata diversamente e con consapevolezza e audacia diverse passando da un testo all’altro.

Anche se manca l’unità, il libro in sé è di ottima qualità. Ci sono quindi diversi racconti notevoli che meritano di essere segnalati. Senza dubbio il racconto di apertura, L’ombelico dell’Arno di A. Zandomeneghi, dove è impossibile non farsi trascinare dalla corrente narrativa, fatta di digressioni, elencazioni, incisi e squarci, finché, dopo ingegnosi piani di pesca e discorsi filosofici sulla psichedelia, si giunge alla mistica unione carnale di corpi umani e non solo.

Segnalo anche La serpe di E. G. Mirabelli, che definirei la storia della vita spirituale di un serpente. Proprio dal punto di vista di questi, figlio di una strega, si assiste alla descrizione di una tregenda notturna, in cui, dopo aver osservato l’inselvatichimento delle altre donne, il rettile compie la propria metamorfosi.

Altro racconto a mio parere degno di nota è Barbablù_1 di F. D’Isa, un dialogo serrato fra due donne, alimentato da una tensione crescente per il mistero – ovviamente irrisolto – degli inquietanti glitch che una delle due subisce dopo aver sbirciato nel computer del fidanzato. A rendere così interessante il racconto è proprio lo slittamento fra umano e macchina, uno degli incubi tipici della contemporaneità.


Consigliato a… chi è interessato a conoscere autorə italianə che si lanciano nelle speculazioni del soprannaturale contemporaneo; chi nella lettura cerca la meraviglia, l’incanto, il sublime e la vertigine cognitiva; chi pensa che la letteratura sia un mondo di possibilità sconfinate e vuole leggere narratorə che sfruttano queste potenzialità al massimo.


«Si cucì la bocca, lasciò libero solo il naso, perché respirare era l’unico modo conosciuto per restar vivi. Quando mi urlò, quella notte, nel giardino ombroso fradicio di rugiada, “Io non ho più bisogno di nulla!”, sapevo che in quel nulla c’ero anche io. Non aveva più bisogno di me. Non è detto che amarmi, amare un’aliena, sia importante. Ho accettato immediatamente quella verità. La voce con cui aveva urlato era la voce fragile di chi non poteva sentire la sua voce, e io presa dalla tenerezza l* abbracciai forte. Fu allora che prese l’ago e sigillò le labbra» (Astrazione, V. Di Grado, p. 254-255).


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