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Parliamo di... "Fame Blu" (Recensione)

Aggiornamento: 7 giu 2022

Viola di Grado; La nave di Teseo, 2022


«Sorrise, strizzando gli occhi, mimando un’emozione. Una linea di sangue scese come una lacrima dal mio capezzolo ai genitali. Stavo per chiederle chi erano quelle ragazze che fluttuavano nell’oscurità e negli avanzi di cibo, serafiche e fragili come agnelli sacrificali. Stavo per venire. Il buio vibrò intorno a noi come se qualcosa di calmo e cattivo - qualcosa che sa tutto e vuole schiacciare tutto - ci stesse contenendo.» (p. 76)



Il nuovo romanzo di Viola di Grado è la fredda analisi di una relazione tossica. Le due protagoniste sono possedute da una bulimia emotiva, una sconsiderata e insensata ricerca di vita attraverso l’amore. Ma questo amore è causato e alimentato da una serie di traumi, che hanno creato dei vuoti all’interno della psicologia dei personaggi.


La protagonista si reca in Cina in seguito alla morte del gemello Ruben. Non ha un nome, è senza identità perché è stata privata della sua metà speculare di cui cerca di ricostruire la presenza vivendone il sogno: il sogno di Ruben era infatti aprire un ristorante italiano a Shangai. Questa città nel romanzo non è rappresentata attraverso i cliché dell’orientalismo o dell’esotismo: nonostante siano descritte e approfondite le differenze culturali che può percepire un’europea che si trasferisce in Cina (soprattutto dal punto di vista alimentare), la metropoli è caotica e onirica, esattamente come ogni altra metropoli contemporanea, un oceano di folla e traffico che schiaccia gli elementi che la compongono.


L’incontro fra la protagonista e Xu è reso possibile da un apparente superamento della barriera linguistica. Xu va a lezione di italiano dalla protagonista. L’inglese funge da lingua franca. Xu, che è magnetica, bella e incomprensibile, tuttavia non usa la lingua per comunicare, ma come strumento di potere, di confusione: spesso risponde ai messaggi della protagonista in cinese – facendo ricorso a uno slang difficile anche per chi ha studiato la lingua – obbligando l’altra ad accettare di non capirla, costringendola a decifrarla.


Nonostante il desiderio di possedere e di lasciarsi possedere, e nonostante quindi le componenti mentali e psicologiche della relazione siano stravolte, dal punto di vista fisico la relazione è forte e passionale, è una fame che si nutre di se stessa, che è autosufficiente. In questo modo Xu schiaccia la narratrice, senza rivelare mai i suoi veri sentimenti, mostrandosi anaffettiva e al tempo stesso piena di desiderio, trattandola più come una turista occidentale che come un’amante. La protagonista cerca di divincolarsi tra la dipendenza dall’altro, la solitudine metropolitana e la sessualità viva, in una spirale ambivalente di amore e morte, sempre al margine dell’autodistruzione.



Consigliato a… chi vuole vedere trionfare la tristezza, spostarsi dalla parte opposta del mondo insieme a chi la possiede; chi ama vedere il sesso e i sentimenti come cose separate; chi ama vedere le personalità e i caratteri dei personaggi riflettersi come uno spietato e infinito gioco di specchi; infine, a chi vuole conoscere un’autrice italiana contemporanea dotata di grande talento stilistico e di una spietata capacità di analisi della nostra umanità.



«L’amore non è una cosa umana. I pesci amano il mare attraverso le branchie, un amore così tirannico che bastano pochi attimi di assenza dal mare per ucciderli. I pipistrelli hanno volti così sgradevoli perché i loro corpi hanno subìto l’amore per il buio fino a venirne stravolti. Le meduse si sciolgono subito sotto il sole che non sapevano di desiderare. Le formiche si muovono in fila per passione disperata di una briciola. I gatti ci lasciano sulle caviglie piccoli morsi simili a sigilli, amandoci di un amore che si vede solo se sovrapposto al dolore.» (p. 185)



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