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Parliamo di... "Cecità" (Recensione)

José Saramago; Feltrinelli, 2013


«Secondo me non siamo diventati ciechi, secondo me lo siamo, Ciechi che vedono, Ciechi che, pur vedendo, non vedono.»


Immaginate di trovarvi bloccati al semaforo, aspettando il verde. Poi, improvvisamente, tutto diventa bianco. Non un bianco qualunque, ma un bianco che brucia gli occhi come un mare di latte. Questo è l'inizio di Cecità di José Saramago.

In un tempo e un luogo che potrebbero essere ieri, oggi o domani, e in una città che potrebbe essere ovunque, un'epidemia di "mal bianco" si diffonde, rendendo le persone cieche. Non una cecità qualsiasi, ma una che rivela l'anima. La malattia è il pretesto per spogliare l'umanità di ogni convenzione sociale e mostrarci come sotto la superficie si annidino sia mostri che eroi.

Il primo colpito è un automobilista, presto seguito da un intero paese. I ciechi vengono rinchiusi in un manicomio, e qui inizia la vera storia: una storia di sopravvivenza, dove il cibo è poco, la moralità meno, e ogni nuovo giorno è un miracolo.

Una donna, l'unica a non perdere la vista, finge di essere cieca per rimanere con il marito. Anche lei internata nel manicomio, cerca di aiutare le persone che ha intorno senza farsi scoprire, diventando così gli occhi e la coscienza del gruppo.

In questo libro dove la cecità diventa virale in breve tempo, quello che vuole fare l’autore è mostrare chi sono veramente le persone nei momenti peggiori. In cosa siamo disposti a trasformarci?


Il personaggio migliore secondo me è indubbiamente la donna, unica persona che sembra essere scansata dalla cecità. Ma non voglio fare spoiler, quindi non aggiungerò altro. Voglio però dire qual è a mio parere l’unica vera nota negativa dell’opera: Saramago, premio Nobel per la letteratura nel 1998, ti fa arrabbiare perché non usa le virgolette per i dialoghi. In un’intervista gli hanno chiesto perché: "La punteggiatura... è come la segnaletica stradale, troppa distrae dalla strada su cui si viaggia.”


Il libro è uscito nel 1995, eppure letto oggi, a distanza di qualche anno da una pandemia, porta il lettore a immergersi in un’altra pandemia inaspettata, cercando di mostrare che il vero problema non è il virus che ti affligge, ma come possiamo reagire in momenti inaspettati della nostra vita.


Consigliato a… chi desidera immergersi in una lettura che inizialmente potrebbe sembrare impegnativa, ma che presto cattura l'attenzione del lettore; chi cerca un'ambientazione che si trasforma gradualmente, diventando sempre più oppressiva fino ad arrivare al suo climax inevitabile.


«È di questa pasta che siamo fatti, metà di indifferenza e metà di cattiveria.»



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