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Parliamo di... "Addio al pianeta Terra" (Recensione)

Aggiornamento: 25 lug 2023

Luciana Martini; Reader fo blind, 2021


«“Ditemi come fate a non avere paura”.

Certo Theo non lo aveva mai sentito parlare con quel tono di voce.

“Oh”, disse il prete tranquillamente, “non l’ho. Non posso dirti come. Di fronte alla fine di tutto, la paura come la sentiamo noi è un topo ingoiato dall’oceano”.

Rimase pensoso, poi aggiunse a voce più bassa:

“Io sento una grande remissione nell’infinito”.

“Io no”, disse il padre di Theo. “Io non mi sento rassegnato, io non voglio crederci, non è possibile”.

“Non è il tuo momento”, disse il prete mettendogli una mano sulla spalla. “Se dovrai rassegnarti, ti rassegnerai”» (p. 23)


Crescere, diventare grandi, è un po’ come assistere alla fine del mondo. Theo, il bambino di nove anni protagonista del romanzo, assiste alla vera fine del mondo. Da un po’ si è trasferito sulle montagne con i genitori, in una vallata quasi idilliaca. Ma qualcosa non va: nonostante il paesaggio e la vita a contatto con la natura, spesso Theo si sveglia nel cuore della notte in preda ad un’angoscia che non sa spiegare. Sente i discorsi dei genitori: sa che è successo qualcosa. Il lettore scoprirà abbastanza presto che è avvenuta e sta ancora avvenendo una catastrofe. Interi paesi non esistono più, le città sono spopolate, la vita è destinata a sparire. Qualcosa sta arrivando, nessuno è al sicuro. Scopriamo quindi che il trasferimento in montagna da parte della famiglia di Theo era già una fuga, e presto ce ne sarà un’altra, verso le città sotterranee, dove però non potranno entrare tutti.


La sfida dell’autrice (Luciana Martini, scomparsa nel 1985) è quella di unire il genere del romanzo giovanile, di formazione, con la distopia apocalittica. Sfida non semplice e tuttavia condotta con rigore e intelligenza. L’incubo nucleare che ossessionava l’autrice (il testo è stato pubblicato per la prima volta nel 1965) è tornato a farci visita nuovamente, gettando il testo in un’inquietante attualità. Theo è un bambino, sì, ma è anche ciascuno di noi. È il ciascuno di noi che continua la propria vita contemplativa, che guarda i disastri con la coda dell’occhio, che cerca di schivare i problemi non pensandoci, che sprofonda nella paura nei momenti di solitudine, ma che quando si trova davanti alla storia riesce comunque ad agire. Come si può agire durante l’apocalisse? Si può solo fuggire, e in questa fuga si fanno incontri: persone che si rivelano false, ipocrite, spaventate, disilluse, ma anche oneste, coraggiose, pronte al sacrificio. Ecco che l’avventura disperata di Theo può avere un solo sviluppo: accettare quello che accade e agire. Si può sempre trovare un modo per avere speranza; o comunque bisogna trovarlo.


Consigliato a… chi ama lo stile piano e la narrazione chiara; chi vuole fare un triste bagno nel passato che non cambia; chi vuole vedere la fine di ogni cosa dal punto di vista di chi non ha colpa.


«Theo non risponde, non alza la testa. Non vuole vedere nessuno, se Vasìli insiste si rivolterà contro di lui. Intanto non si muove, sta come quando è rimasto senza i suoi dentro il treno. Ormai lo sa che è così, ormai lo sa che è inutile tutto. C’è una forza, nel mondo, da qualche parte, dietro di lui, sopra di lui, che ha sempre la meglio. Prima non c’era. Prima Theo faceva sempre al modo di Theo. È cominciato quando ha lasciato Jack dietro casa e lo sportello dell’auto si è chiuso senza che lui si fosse deciso a ribellarsi» (pp. 88-89).



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